giovedì 10 febbraio 2011

Il visto turistico, ovvero come dimostrare nei fatti di non essere nient’altro che pasciuti turisti

 
 
 
ISTRUZIONI PER L'USO. C’è un comodo strumento, messo a disposizione dal Ministero degli Esteri, che si chiama database visti e si trova a questo link http://www.esteri.it/visti/. Entrando nello spazio dove ci si domanda molto cortesemente se lei ha bisogno di un visto? e collocando la propria nazione di nascita e quella di attuale residenza, il database dà il responso. 
Se per caso lei è cittadino vietnamita, attualmente residente in sudafrica, ha effettivamente bisogno di un visto e il meraviglioso strumento spiega quali sono i documenti necessari per ottenerlo e fornendo anche i relativi formulari da scaricare e compilare:

1. formulario per la domanda del visto d'ingresso
2. fotografia recente in formato tessera
1. documento di viaggio in corso di validità con scadenza superiore di almeno tre mesi a quella del visto richiesto
2. prenotazione di andata e ritorno o biglietto o dimostrazione della disponibilità di mezzi di trasporto personali
3. dimostrazione della disponibilità in Italia di un alloggio: vouchers turistici, prenotazione alberghiera, dichiarazione di ospitalità
4. dimostrazione del possesso di mezzi economici di sostentamento, nella misura prevista dalla Direttiva del Ministero dell'Interno 1.3.2000
5. documentazione giustificativa della propria condizione socio-professionale
6. assicurazione sanitaria avente una copertura minima di €30.000 per le spese per il ricovero ospedaliero d'urgenza e le spese di rimpatrio

Quello che non spiega è questo: un turista non è solo un ricco giapponese che vuole visitare il bel paese, o meglio, certo che lo è, per definizione, ma allora dove collochiamo tutte quelle persone che desiderano venire in Italia per un periodo ma che del Colosseo, magari, accidentalmente, se ne fregano? Per esempio, cos’é una anziana mamma senegalese che vuole venire ad assistere al matrimonio del figlio a Roma? Una mamma, certamente, ma non proponetele di chiedere un visto per motivi famigliari perché potrebbe arrivare in tempo per dare la benedizione ai nipoti il primo giorno di scuola materna. Però non le si può proporre nemmeno un visto turistico perché non avrà la documentazione giustificativa della propria condizione socio-professionale, magari è in pensione o magari ha fatto la casalinga tutta la vita. Quindi non proponetele nulla: quel visto non le verrà concesso e suo figlio si sposerà senza sua madre né nessun altro della sua famiglia.

Ma perché? E' una forma di contrasto dell’immigrazione clandestina: e se quella signora in realtà non avesse alcuna intenzione di tornarsene buona buona a Dakar, ma restasse in Italia? Sarebbe una pericolosa clan-de-sti-na e la polizia la dovrebbe controllare, inseguire, imprigionare e costosamente rimpatriare. E se oltretutto poi si ammalasse? E se addirittura avesse l’ardire di morirci? Graverebbe sulle casse dello Stato, e questo non è accettabile. Quindi niente visto.

Niente visto al figlio ottenne, affetto da sindrome di down della signora ecuadoregna di Palermo, madre single che per venire in italia ha affidato il bimbo alla sorella e che ora vorrebbe vederlo almeno per l’estate: la signora fa la badante, non ha ferie, del resto se perde il lavoro quel figlio chi lo mantiene? Non il padre, brasiliano scomparso due mesi dopo la sua nascita. Al bimbo forse un turistico lo concederebbero (nonostante non abbia documentazione giustificativa della propria condizione socio-professionale) ma una stellina non può viaggiare sola a otto anni e una compagnia aerea non si fa carico, neppure pagando, di un bimbo down.
Allora ci vuole la sorella, che si è offerta di accompagnarlo per l’estate, ma lei è casalinga e come si dimostra che una famiglia, altri tre figli e un marito sono un buon motivo per rientrare in Ecuador? Non si dimostra. Niente visto turistico.

Il consiglio è di non spendere soldi e speranze per chiedere un visto turistico, di non illudersi che la famosa lettera di invito scritta da un italiano, che tutti inseguono, valga come l’oro, di pensare a qualcosa d’altro – o di procurarsi un contratto di lavoro. Anche sei hai otto anni, o ottantotto.

cristina.s.sebastiani@gmail.com
Progetto Domu Dekk Bi
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